Cè disto?

23.4.2022

Ai matrimoni russi no se può ridhe
A proposet dela Russia , no la fenis mei da merevee , agn tale “piciole “circostanthe.Olga Saenko, responsabile de l’anagrafe dela region de Rostov , tale celebrathions matrimoniai a la proibì no nome da ridhe, fumé, beve, mangé , ma agn da entré con un gaban, con le scarpe sporscie ,o con un saino masa gros.Oltre a chiste esigenthe de ” decoro ” , alà proibì agn esclamathions , ciacole a ous alta, telefonadhe , schiantadhe o movese tala sala dela celebrathion.A chiste proibithions – che le dires begn a un funeral – la Saenko no la soporta né  monadhe né menadhe in giro , al masimo la permet un soriso o una comothion se i vegn fath da cetuth , thentha piasei o alegrie .Al fato alé che la  Saenko la veic i sposi e chi che i sta intorn posibili intrics par la tranquilité social. Parcé la vereté pi grave alé che la Russia la vol che no se desmentigee, agn tale piciole manifestathions, che sule persone a comanda lo Stato e no al contrare.Olga Saenko alé deventadha famousa proprio parcé che la rapresenta al matrimonio come una celebrathion statal dolà che al celebrante nol può ese disturbé.Così una circostantha che la dovares ese un moment de fiesta privata la deventa dipendente ale esigenthe e ale volontes de uno Stato che così al stabilis no nome cemò comportese , ma al controla agn i sentimenth dela dent.Gino Redi 

Vietato ridere ai matrimoni russi
A proposito della Russia : non finisce mai di stupire anche nelle  “piccole” cose. Olga Saenko , responsabile dell’anagrafe della regione di Rostov , ha vietato di ridere durante le cerimonie civili di nozze.A Rostov gli sposi e i loro parenti e amici non solo non devono fumare , bere , o mangiare durante la cerimonia , ma non possono entrare nell’ufficio del registro con soprabiti , scarpe sporche o zaini voluminosi.Oltre a queste esigenze di “decoro” , vengono anche imposte norme comportamentali : durante la cerimonia è vietato ridere , fare esclamazioni , chiacchierare ad alta voce , telefonare , cantare o spostarsi nella sala delle celebrazioni.Divieti adatti a un funerale , ma la signora Saenko non ammette scherzi o fraintendimenti , anche se consente di sorridere e commuoversi in modo discreto e senza gioia o allegria.Di fatto perché la Signora vede i neo sposi , i loro familiari e amici come potenziali disturbatori della quiete pubblica. Perché la verità più grave è che la  Russia vuole ribadire anche in questi contesti la supremazia dello Stato sull’individuo e che Olga Saenko è diventata famosa proprio perché rappresenta il matrimonio come cerimonia di Stato nella quale il celebrante del comune non può essere disturbato in quanto suo rappresentante .Così una circostanza che dovrebbe essere un momento di gioia privato diventa subordinato alle esigenze di uno Stato che impone non solo i comportamenti ma controlla anche i sentimenti della gente.

27.3.2022

Al carnaval e al dì dela thenisa

Al marti ” gras ” e al ” marcol delle thenise ” i viagia sempre vesins.

A cambia i dhis , le setemane, i meis ma nolé nuia che ai lontana , agn se no ià gnent de compagn.

Al marti gras alé sciatese, alegria, ricordhi : fritole, crostoi , maschere par semee calchedhun altre , specie i canais. A par quasi da no volei ese chi che sion , almanco par un dì , parcé ” a carnaval ogni schertho a val “.

A l’indoman invethe , par uno schertho del calendario , al marcol dele thenise , i cristians i può partecipé ala funthion dela thenisa sul scié , al dedhun , a l’esame de cosientha. La deferentha tra la liberté del marti gras e la serieté del marcol a me fe vegni in ment mi pare quanche al sentiva al besuogn da di in cantina a fié “respire ” al vin , giavando i strops  dale damigiane par poura che le sciopes par colpa del gas alcolico.

 Tornando al nostre argoment, in posce ore se pasa , come nuia, dai crostoi alla thenisa, da l’ilusion da no ese nos stes ala posibilité da capì chi che sion davero.

E agni riti dela Dhiesa , tan stò periodo, noi fe altre che giudhene a volei eliminé ce che davero nol ne ocor ,a valorisé al necesario e  a no evité ce che veramente sion thentha maschera de carnaval.

Gino Redi 

Il carnevale e le ceneri

Il martedì grasso e il mercoledì delle ceneri viaggiano da sempre vicini. Cambiano i giorni, le settimane , i mesi in cui cadono, ma nulla che riesca a spezzare il cordone che li tiene uniti anche se non hanno proprio nulla in comune se non il fatto d’essere agli antipodi.

Il martedì grasso è ritrovo, memoria , allegria : frittelle, crostoli , maschere per procurarci un’altra identità , specialmente tra i bambini . E’ l’ammissione di non voler essere noi stessi almeno per un giorno perché ” a carnevale ogni scherzo vale “.

All’indomani invece , per uno scherzo del calendario , il mercoledì delle ceneri , propone per i cristiani credenti , la cenere sul capo , il digiunare, l’esame di coscienza .

L’accoppiata tra la sfrenatezza concessa del martedì e l’austerità consigliata del mercoledì a me richiama il gesto che mio padre faceva spesso in cantina : ” sfiatava ” le damigiane di vino perché altrimenti aveva il timore che qualcuna scoppiasse per troppa saturazione e quindi c’era il rischio di rimetterci vino e damigiana. 

Tornando al nostro argomento , in poche ore si passa quindi senza tante sfumature dai crostoli alla cenere , dall’illusione di non essere noi stessi alla possibilità di scoprire veramente chi siamo.

La liturgia , in questo periodo , non fa altro che aiutare a promuovere il sogno di eliminare il superfluo per scoprire il necessario e a non sfuggire dalla nostra storia quando siamo senza maschera di carnevale.

6.1.2022

Se domandei ai cristians parcé che a Nadhel a se festegia al 25 de dethembre , dusc i ve respondares con merevea “parcé che alé al dì che alé nasù al Signour”.

Se invethe  domandei a un testimone de Geova parcé che al no festegia chela ricorentha, al responth” parce in nesun vangelo a sin parla “. E alé vero : basta reliedhe i vangeli de Matteo e Luca e se capis che su chest i testimoni de Geova ià rason.

A sto punto alora , par logica , avegn un’altra domanda : ” se no se conos la data secura , ,cemò elo vegnù fora al 25 de dethembre ? ” La risposta a ne la dà la storia.

In tal 274, l’imperatour Aureliano a l’aveva fisé al 25 de dethembre la fiesta del ” Sol invictus ” e Giuliano l’Apostata a l’aveva scrit tal 362 un’ orathion ” De Sole rege ” , da liedhese apunto al 25 de dethembre , in onour del dio Sole.

Però , daspuò la pès de Costantino, a partì dal quart secol, i cristians – volendo festegé la nasudha del Signour – ià pensé da festegelo proprio al 25 de dethembre al post de chela fiesta no cristiana. E così chesta nuova ricorentha , partidha da Roma, alé stadha adotadha da dut al mont.

Ma se no l’é securs né al dì, né al meis, altretant alé agn l’an  c’ alé nasù al Signour parcé al calcol dei so ansc de vita alé thenth’altre sbaglié.

Lo sbaglio ala fat al frare Dionigi ” al Piciol “, vivù a la fin del quinto secol , che a la riporté la nasudha del Signour con l’an 754 de la fondathion de Roma.

Ma i Vangeli i ne dis che al Signour alé nasù al temp de Erode  “al Grant ” che però sion securs che alé mort quatre ansc prima , a l’epoca de la “strage dei inocenti ” che lui a l’aveva volù proprio par eliminé agn al Signour.

Alora , par fié torné i conth a vol dì che quanche alé mort al Signour tal 33, a l’aveva thinc ansc de pì e che Erode alé mort tal 750 de Roma e no tal 754.

Altra confusion su la data de Nathel alé agn al censiment, volù da l’imperatour Augusto, che alà consentì ala famea de Nazareth l’ocasion par dì a Betlemme, paeis de Giuseppe.Ma chesta alé un’altra storia che savon già dush.

Gino Redi

Gesù non nacque a Natale

Se domandate ai fedeli cattolici perché Natale si festeggia il 25 dicembre, quasi tutti vi risponderanno , tra lo stupito e il divertito, ” perché quel giorno nacque Gesù “.

Se invece chiedete ad un testimone di Geova il motivo per cui non festeggia questa ricorrenza, risponderà ” perché nei Vangeli non è precisata”.

Basta allora scorrere i testi di Matteo e Luca ( i due soli evangelisti che narrano la Natività ) per accertare che la seconda risposta è quella esatta.

A questo punto la terza domanda scaturisce per logica : se non si conosce la data certa, com’è venuta fuori quella del 25 dicembre ? 

Interroghiamo la storia. Nell’anno 274 l’imperatore Aureliano aveva fissato per il 25 dicembre la festa del ” Sol Invictus ” e Giuliano l’Apostata aveva scritto nel 362 una orazione ” De sole rege ” , riferendosi appunto al 25 dicembre. Inoltre , un calendario Canopus del 239 indicava sempre sotto quella data la ” nascita del sole”. 

Con tali premesse , dopo la pace di Costantino, a partire dal quarto secolo i cristiani volendo comunque solennizzare la venuta al mondo di Gesù non trovarono modo migliore che sostituire quello stesso giorno la festa pagana con la ricorrenza della sua nascita.

Tale prassi liturgica cominciò a Roma e si diffuse ovunque. Nei primi tre secoli , invece, la data di nascita di Gesù era stata diversamente ipotizzata.

Ma se incerti sono il giorno e il mese, non meno incerto è l’anno in cui nacque Gesù.

Sbagliato senz’altro il calcolo dell’era cristiana. L’errore fu commesso da Dionigi il Piccolo , un monaco vissuto alla fine del quinto secolo, il quale fece coincidere l’anno della nascita di Gesù con il 754 della fondazione di Roma .

Ma i Vangeli ci dicono che Gesù nacque al tempo di Erode il Grande il quale, non vi sono dubbi, morì il 4 avanti Cristo. Evidentemente i conti non tornano , considerato che fu proprio Erode a ordinare la famigerata ” strage degli innocenti ” con il proposito di eliminare fisicamente il Bambino. Ne consegue che Gesù , quando morì nel 33 dell’era cristiana , in realtà aveva cinque anni in più.

Che le cose stiano così viene confermato anche dal fatto che Erode morì veramente nel 750 di Roma e non nel 754.

Altre incertezze sulla data del Natale nascono dal modo di collocare nel tempo il censimento voluto da Augusto e che offrì agli sposi di Nazareth l’occasione per recarsi a Betlemme , luogo di origine di Giuseppe.

25.7.2021

La mascherina e la Bibbia

Tan chest luonc temp de Covid, a me pasa vesin persone , magare vesins de sciasa, che no riconos parcé le e squarte dale mascherine. A me a agn sothedhù da fié le condoglianthe a una femena che la me pareva la fìa de un  che conoseva , ma po no lara liei ! 

Calche dhun al saludha e par no fié brute fegure i responth agnò , agn se no lei reconosù. Calche altre al fè un moto col scié e io responth nome par educathion.

Inveciando , me soi abituè agn a vardhé la boscia de chi che a me parla, par ese secur d’avei capì ce che le me oree , indebolithe da l’etè ,le a sentù. Però da quanche le bosce le e schiupadhe a me manscia una sicuretha in pi. Se po sciat persone con la checia e i ocei , alora al problema al cres.

In tala dhiesa a fé efet vedhe dhute chile mascherine , dato che davant al Signour no se può schiupé nuia : Lui al continua a vedhene ce mo che sion dentre e fora de nos. 

Mosé , daspuò avei parlé col Signour – descors che i dureva agn quaranta dhis – al se meteva un velo sul muso par no sorbolì la so dhent parcè al torneva col muso iluminè.

Par ades , però , nesun de nos alè cosi brao da sorboli chi altres e alora par altre rasons poc divine a ne toscia squardhese lo stes.

La Bibbia la dhis che un dì al velo al se giavarà : io sper che la se riferise agn al Covid. La Bibbia la dhis agn da squardhese la boscia par merevea e che al Signour al sarà così grant che agn i re i cognarà squardhesela boscia.

     La mascherina e la Bibbia

In questo lungo periodo di Covid , mi passano accanto persone, magari vicini di casa, che non riconosco perché nascoste dalle mascherine. Qualcuno saluta e per non fare brutte figure ricambio il saluto , come se l’avessi riconosciuto . Qualcun altro fa il cenno con il capo ed io rispondo per educazione.

Invecchiando , mi sono abituato a guardare anche la bocca altrui per essere certo di aver capito quanto percepito dall’orecchio , indebolito dall’età .

Da quando le bocche si coprono , però , mi manca un sostegno essenziale. Se poi incontro persone che hanno un berretto e magari gli occhiali , per giunta scuri, il problema cresce.

In chiesa fa un certo effetto vedere tutte quelle mascherine, visto che davanti a Dio non si può nascondere nulla. Lui continua a vederci come siamo veramente dentro e fuori.

Mosè , dopo aver colloquiato con Dio – colloqui che duravano anche quaranta giorni – si metteva un velo sul viso per non abbagliare il suo popolo perché durante quegli incontri il suo viso diventava raggiante.

Al momento , però , nessuno di noi è tanto virtuoso da emanare luce , ma per altre poco divine ragioni ci dobbiamo coprire ugualmente.

La Bibbia dice che un giorno il velo sarà tolto. Speriamo si riferisca anche alla nostra pandemia.

Inoltre la Bibbia indica di coprirsi la bocca come segno di stupore ; anzi dice che il Messia sarà tanto grande che anche i re si copriranno la bocca. Nei regolamenti nazionali o regionali oggi purtroppo non c’è nulla che sia segno di grandezza o che desti stupore , ma la prudenza richiede di indossare comunque la mascherina che è una delle poche difese contro l’invisibile di questi tempi. 

I cristiani vengono sollecitati tutta la vita a cercare il Dio Invisibile : questa ricerca diventa per i credenti una concreta ragione di  vita , ma anche ai non credenti quell’Invisibile male non farebbe , anzi…Mentre questo virus invisibile il male lo fa , eccome , quindi continuiamo con pazienza e fiducia a indossare la mascherina !

20.12.2020

Penseirs ala fin de l’an
Dion vers la fin dell’an 2020, un an teribile con al Covid in dut al mont.Col 31 de dethembre saron comunque una part dela nostra storia e da medhanuot in scomenthon un’altra.Secur che i temps iè particolari: alè al Corona Virus con males e morth ogni dì; alè una crisi economica che la dura da tant e no se sa quanche la finirà;alè al problema del laorier par betagn , no facile da mantegnì e sciamò pi dificile da sciatè specialmente par i dovens che par chest i stenta agn a formese una famea .E pal mont no le tant de miei , con povertes e guere dapardhut.In ce podhone sperè , alora, in chiste condithions?Alè chi che a pregia parcè che i spera bitant tal Signour, alè chi che a se dha da fiè par la pes , par la salute de chi altre e chi che iè disponibili par ce che al può.Par dush però a me par che a se puosa auguré agn la pathientha.La pathientha alè utile sempre parce che la se porta daere l’umiltè e la sperantha, agn se al dì den cuoi la puo semeè un’illusion ormai superata.In chis temps del fiè dut de corsa, pensè ala pathientha a può semeè stravagante e fora post con dut ce che a sothet , ma a pensei begn, a vel la pena aveila a piedhe parce che la conos i temps dela vita e la giudha a no pretende dut e subit : e chest al dà serenitè e fiducia.Gino Redi 

 Pensieri di fine anno
Ci avviamo alla fine dell’anno 2020, un anno terribile con il Corona Virus in agguato in tutto il mondo.Con il 31 dicembre chiuderemo, comunque, una parte della nostra storia e da mezzanotte ne incominceremo un’altra.Certamente la situazione è particolare : c’è il Corona Virus con ammalati e morti ovunque ogni giorno ; c’è la crisi economica che dura da tanto e non si sa quando finirà; c’è il problema del lavoro per tanti, non facile da mantenere e ancor più difficile da trovare specialmente per i giovani che anche per queste ragioni sono frenati nel costruirsi una famiglia. E in giro per il mondo non va meglio tra povertà e guerre ovunque.E allora in che cosa possiamo sperare in queste condizioni ?C’è chi prega perché spera molto nel Signore , c’è chi si adopera per la pace, la salute altrui e chi è disponibile per quanto può.A questo punto , però, mi pare che si possa augurare a tutti anche la pazienza.La pazienza è utile sempre perché si accompagna sempre con l’umiltà e la speranza, anche se può sembrare idealista e superata.In questi periodi del fare tutto di corsa, pensare alla pazienza può sembrare stravagante o idealista fuori moda con tutto quello che succede in giro , ma a pensarci bene vale la pena di averla accanto perché conosce i tempi della vita e la guida a non pretendere tutto e subito :e questo da serenità e fiducia. 

25.07.2020

Al segn de la crous

Dusch i sa fié al segn de la crous , agn chi che a no crei.In television vedhon spes fielo agn da atleti prima da scomenthé una gara , ma no sempre a se pensa a ce che a vol dì.

Crei , alora, che a vela la pena ricordhé le parole e i gesti del segn de la crous.

Le parole Le é sempre chile che a la dìt al Signour ai so apostoli daspuò la Resurethion e prima da dhì in paradhis: batesei tal gnon del Pare, del Fì e de lo Spirit Sant ( Mt. 28).

Par chiste parole, doperadhe agn al dì den cuoi par batesé, no le basté i prins thinc secoi de la Diesa par capì begn ce che le voleva dì veramente, savon però l’importantha che le à parcé che dhute le celebrathions e le bone preghiere cristiane le scomentha e le fenis così. E alora a sarà una bona rason par dile : grathie al batesem , al cristian col segn de la crous al riconos ogni volta al colegament col Signour e con la Santissima Trinité e no par forma , ma par sostantha.

I gesti : Ségnese con la man sul muso, sul cour e su le spàle a vol agn dì l’union che dhut quant nos avon , o dovarision avei, tra de nosaltre che sion ta la diesa.

Alé dhent che stì gesti i fé de corsa, probabilmente thentha pensei su pì de tant, ma se i é begn fath i ries a fiene sentì pì vesins al Signour e agn pì in pés dentre de nos.

Gino Redi

Il segno della croce

Tutti sanno fare il segno della croce , anche chi non crede.In televisione , ad esempio, vediamo spesso farlo anche da atleti prima di iniziare una gara.

Penso allora che valga la pena ricordare parole e gesti di cui è composto.

Le parole : Sono sempre le stesse consegnate da Gesù risorto ai discepoli prima di ascendere al Padre : battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ( Mt.28).

Tale formula, usata da sempre nella Chiesa per il battesimo, viene ripresa in ogni celebrazione cristiana.

Non sono bastati i primi cinque secoli della Chiesa per risolvere i dibattiti dottrinali circa la retta comprensione di queste parole che mai sono state cambiate.E allora , ci sarà una ragione importante per dirle.

Sappiamo , ad esempio, l’importanza che hanno perché le buone preghiere cristiane cominciano e finiscono così.Grazie al battesimo , il cristiano con il segno della croce riconosce il proprio collegamento con Dio.

I gesti : Fatti con la mano che tocca la fronte, il petto e le spalle vogliono , o dovrebbero , significare anche la comunione delle nostre intere persone con gli altri in chiesa. 

C’é gente che compie questi gesti di corsa, probabilmente senza pensarci su più di tanto, ma se fatti con sentimento riescono a metterci subito in sintonia con il Signore e a farci sentire più in pace dentro di noi. 

28.06.2020

Le famee in crisi

Una volta – agn ai me temps – in thimolian al papà al se ciameva pàre che, pensandoi begn , a l’aveva pì un valour biologico che afettivo. Un cuoi al gnon pàre vidha nos altre alé pasé de modha, come la fegura del pare de una volta, quanche pì che un pàre a l’ara un paron.

Lui a l’ara l’autorité in sciàsa e i fis i ara arlèves con l’obèdhientha e al réspiet , tant che quasi dusch i déseva del vuos a si pare e si oma.

Daspuò , già tài agns ’60, quanche i fis ià scomenthé a dì a scola de pì, a vérdese al mont par laoriers, contrares dai pres e dalle ” basse”, ià ciapé “vantath ” e ià metù in crisi l’autorité dei pàres.

Ma , in general , chi élo i pàres del di d’en cuoi ?

L’Istat ( Istituto de Statistica ) la dis che i pàres italians ié i pì veces d’Europa ; ià al prin fì vers i 35 agns, doi agns daspuò la medhia de chi altres Paeis europei.

Réspiet a una volta, i se interesa de pì dei so picioi, ma i laoriers de sciasa i continua a ése betant sule spale de le fémene, agn se le laora dhut al dì fora.

Agn la funthion de dus doi i genitori la stà cambiando : i semea poc securs, i àvares besuogn de tèrmens pi forth parcé vivon tan una societé che no la dhà sicurethe. Betagn i  à bésuogn da ése giudhès dai genitori che i vardhé i canais o che i dhea calche scheo par tiré in avant parcé che a manscia al laorier par i dovens, l’economia no la va, àdes alé rivé agn al covid e la politica no la trasmet tranquilité. E alora ognun a pensa par i so afari, no sion pi una comunité , ma un insieme de persone che le vartha nome la so sopraviventha.

A se fenis , alora, par avei dei modhiei de vita fora mesura, come al senso dei diriti sùbìt, pì che dei doveirs e chest al renth dificile par genitori e fis avei valours e modhi da fié in gradho da dhé risposte àle vere necesites de la vita che no le dovares ese nome chile de l’avei, ma agn chile del’ ése .

Gino Redi   

13.06.2020

Otimismo

Un vece cusin de mi pare una volta, quanche iò i aveva dhit, in italian che a voleva ottimismo al me à respondù che nol vedheva ciar, che arivion in temps balordhos e che lui non se sciateva pì.E le resté a vardhé par aria, destiré sula paledhana thentha pì parlé.

Se al dì d’en cuoi,  scoltando i so descors a se dhis a un che alé pesimista, al responth che alé realista parcé che vardhandose intorn alé poc da divertise. Se invethe a se dhis al contrare  a un altre che alé otimista, al responth che alé realista parcé che a besogna ciapé ce che a vegn : a lé le doe fathadhe de la stesa mèdhaia che a fé capì che al 

realismo, in font, alé al bon senso che dusch i crei da avei abastantha.

Ei scrit prima otimismo, ma pense ala sperantha.

Un cristian, quanche al pensa al’otimismo, al pensa ala sperantha che alé betant vesina al fedhe parcé che le nas dala stesa radis :la fedhe alé credhentha, la sperantha alé un desiderio. Ma la sperantha no l’à da ese nome desiderio, parcé che la sares fondadha nome su se stes, invethe al so fondament alé al Signour.Par capì l’importantha dela sperantha a basta pensé par esempio – a chi che , davant a una luongia e pericolousa malatia de un de sciasa , a un certo punto a se sent dì dal medec la frase clasica ” cauto ottimismo ” : a cambia del dùt la realté del malé e dei so familiari.

L’otimismo, alora, alé al contenitour dela sperantha che a so volta , aon dìt , alé un regal  del Signour da no spreché mei.

Gino Redi

8.6.2020

L’Italia dell’anagrafe 

Chi che a là a ce fié con ufithes de l’anagrafe o dele canoniche al se sarà acort che par i canais e le puldete da calche an alé torné de modha i gnons de na volta.

E alora begn tornes ai Francesco , Alessandro, Mattia , Andrea , Gabriele par i canais e a Sofia, Giulia, Aurora, Alice, Emma par le puldete, tant par ricordhé chi che a và de pì.

E chest a vol dì che stason parlando de gnons dela tradithion cristiana, adiritura del temp del Concilio de Trent (1545 – 1563 ) quanche a se ara ” obigies ” a seguì le so indicathions sui gnons da mete par al batesen.

Con la Rivoluthion Frantheisa (ultima part del mileséthent) a se à formé culture diverse che le à porté a gnons stravaganth come Ateo,  Anarchico, Ordigno, Scintilla e Abbasso .

Daspuò alé sté un mesedhon de gnons che i aveva a ce fié con ce che a sothedheva intorn de nos, pi che altre guere e politica : Adua, Macalé , Benito, Littorio, Galeazzo, Sciopero, Libero, Avvenire, Ribelle e Vittoria. Ma agn gnons de fiours : Rosa, Ortensia, Gigliola, Ginestra e Mughetta.

Par un periodho de temp alé sté de modha mète gnons de persone famouse talo sport, tal spetacol e tala modha : Armando, Noemi , Albano, Romina. A pareva, così fasendo, che pàres e màres i voles auguré un tin de fortuna in pì agn ai so fis.

A se stà redusendo invethe la tradhithion da tramandé i gnons dei parenth pi vesins – come pàre, màre e nonos – specialmente tal Centro Italia e tal Meridion.

A conclusion de stò descors a me vegn però da fié una considerathion : poc a importa al gnon che a se à, a importa invethe  portelo con onour duta la vita, e parcé no, agn daspuò.

Gino Redi 

31.05.2020

Parlando del doi de dugn 1946

A se sa che col referendum del 2 de dugn del ’46 la magiorantha dei talians a la sielt la Republica e che par chest i vuomes de Sciasa Savoia i a cognù pare via e i a podhù torné in Italia nòme dal dìes de novembre 2002.

In ocàsion del referendum tanta dhent a le dhudha a voté, ma a risulta che a sèe sté votathions poc ciare e con imbrois e che calche partito a l’epa porté agn i males al segio, pur da tiré l’ega al so molin.

Giornai de chel periodho i diseva agn che la Monarchiaa l’avares podhù continué se al re Vittorio Emanuele III, invethe da nigé al so mesedhon con Mussolini, a l’aves thedhù la so carica al fì, come a l’aveva fat Carlo Alberto tal 1849.

Un quoi vivon thentha nostalgia de la monarchia, però a me semea giust spende agn nome posce parole par l’ulten re Umberto II de Savoia.

Al nuof de mei del 1946 al principe Umberto – nasù tal 1904 – al deventa re agn se par poc, ma al faseva già la stèsa funthion dal dugn del 1944 come luogotenente general del Regno.

Umberto nol se a mei intrighé col fascismo, ma al sàveva benissimo al mel che a l’aveva fat e dal 1944 al 1946 a la dimostré in tante ocasions equilibrio, pathientha e capacites politiche.

E proprio par al so modho da èse tal referendum a la fat de manco da fié propaganda a so favour e a le sté in banda a speté i risultati. Daspuò a la cognù dì in esilio, ma prima a la liberé i militars dal giurament de fedelté al re e con chest gesto a la evité de secur un’altra guera tra italians.

Al rest de la so vita a la sempre vivù con gran dignité e respiet, lontan da l’Italia che a l’avares tant volù revedela almanco una volta prima da morì.

A le mort thèntha pi vedhela tal 1983 a Ginevra e alé sepelì ta l’Abazia de Altacomba in Francia, insieme a altres Savoia.

Chi che a la conosù personalmente i a dhit che a l’ara un vuon bravo e par begn e che par nos al sares sté un bon Capo de Stato.

Gino Redi.

23.05.2020

Poure da coronavirus

A chi che a sta in thité, in chis ultens meis ce i alo manscé de importante?

Then’altre tanta dhent a la vivù malamentre al stei saradha dentre sciasa, altres invethe de manco.  A depenth dàle abitudini, dàle persone avudhe intorn, dal tipo de laorier che a se faseva, da l’eté, da dolà che a se sta e agn dalo spathio avù par movese in pès da bel sol o in compagnia.

Ma un modho da sentì alé sté compagn par dush: a ne a manscé ce che alé resté fora de la porta de sciasa, a ne a manscé al mont.

Un mont che, tornes con mascherine e manethe su le strade e tai locai, avon subit scomenthé a vardhé con sospiet par poura che calchedhun a podhes fié del mel ala nostra salute no tegnendo cont de le racomandathions antivirus.Insoma, se sion metus come se chi altre i fos dush fora regola, da evité e nos i pi bravi da dèfende.

La realté però a ne a dimostré che nome poth no ià seguì le regole. La gran part dele altre persone invethe le a avù la nostra stèsa poura e alora a poc a poc aon capì che arivion dush tala stessa barca: nos come chi altre che però ié come nos , no pedho. Nos dush insieme, nos  che al coronavirus a ne a rendù pi deboi dentre, con un doman insicur dala politica al laorier, con pi de 30000 morth da bieisoi, con la sperantha che i nostres dovens i puosa avei pi certèthe tàl doman. 

E alora se sion saludhes con al calour de prima, magare con calchedhun aon agn bevù insieme un caffé, un cappuccino, e calche got de vin da asporto.

E intant che i bevivion a calche metro de distantha, aon agn capì che beve tai got de plastica a no pies no nome a nosaltre e che al temp che aon pasé isoles dentre sciasa alé ste nome provisorio.

E sion pares via contenth.

Gino Redi

16.05.2020

Insemenise da biei soi

No l’é un problema par chi che a sta a Thimolei, ma giusto par parlé de una realté del dì d’en quoi par chi che al sta ta le thitès.  Un sondagio american al dis che laoré da vi sciasa ( in ingleis smart working) al fenis par impegné in medhia tre ore de pì al dì, respiet al normal orario de vuot ore che a se fé tai ofithes e ta le fabriche. In pì i se a acort che tra chiste persone a crès al sciatif umour e la deprèsion.

Mesèdhando al post de laorier con la sciasa dolà che a se vif, a semea comodho parcé che no se a pì comandi e soci de laorie intorn, a se se mouf come che a se vol, a se può polsese quanche to vol e via disendo.

La realté la dimostra invethe che ta la magiòrantha de la dhent a crès al senso de responsabilité e par no avei rimorsi o poura da no rivé a fié ce che a toscia, la fenis par ese prèsoniera de sè stèsa.

No semea vero, ma a chèst proposet alé un modho da dhi che al dis una gran vereté : ” nesun paron alé pedho de se stes “. Al telefono ch’al sona, la mènestra che la bol, i cànais che i giugia in sciasa, un parent o un amic che i pasa a sciàtete o dhète alc e tante altre situations del genere che le capita proprio quanche no l’é nesun altre vi sciasa, alé ce che a basta par incoconète de nervoso e par fiète laoré malàmentre parcè  che oltre  ala pathientha to perth agn al fil del descors su ce che to sta fasendo.

A la fin no se – se sent né sul laorier, né vi sciasa  e no se sa mei prima tant che se podarà fié al dì e se fenìs par pensé che ” alara miei quanche alara pedho “.

Par le femene, che le è abithuadhe a fié un tin de dhut dentre e fora sciasa, no lé una novité e le se rasegna miei, ma par i vuomes abitues sul laorier a sentise sul laorier e basta – mentre fora al mont al va inavant con chi altre – responde al telefono de sciasa, déi da ment ai canais, atèndi al menestron che a nol vegna su proprio intant che la femena alé fora a fié speisa, no l’è un divertiment e tante volte a vegnares la vuoia da mandé sul mus i canais e da lasé che al menestron  che al vadha dolà che al vol.

Gino Redi

10.05.2020

La fiesta de la mama

Al dì d’en quoi a se vif pi de corsa de na volta e alora agn ése mares forse alé pi compliché parcé che a le femene ai toscia dividhese pi de na volta fra sciasa, fis, laorier, vuon e altres impegns personai. La maternité, però, no l’é pi dominadha da la cultura dei vuomes che – specialmente tai paeis – i voleva tagns fis : in part par ambithion e in part par avei pi forthe de laorier in sciasa.  Ades la maternité alé na scelta voludha d’acordho col vuon, e chest a no le poc. Tai ultens agns del secol pasé a se a tant parlé de la ” iberathion ” de le femene e tan chis descors alé fenidha agn la maternité che la vegniva  vivudha da calchedhuna come un intric par la so emancipathion social e la so cariera sul laorier. A lara una maniera un tin stramba e limitadha da consideré la maternité, parcé, se alé vero che la maternité la impegna, alé agn vero che alé la mare che la costruis la vita de le persone e chest alé al moto pi grant che nome una femena la può fié. A se a da dì che agn al vuon al contribuis a la vita e che par chest a se dovares pratende da lui pì impegn vi sciasa  lasando a la femena altre posibilites par therchese pi spathio sul laorier e ta la societé, in modo da podhei ése riconosudha come i vuomes. Naturalmente al dì d’en quoi alé un descors che al va begn, anthi le leggi de ades le permet permessi par problemi de famea agn ai vuomes. Però la natura a la rendù la femena pi adatta a la cura de la vita, dal prin moment che a le sté concepì un fi: a lo sent crese dentre de liei e con lui la stabilis una relathion posibile  nome a liei.  Un quoi, aon dit, la situathion alé cambiadha in miei agn par le femene, ma in veretè chest nol basta: a besogna  rivé a riconose al giust valour social de la maternité e de le femene, parce che la societé la scomentha e la fenìs con lour.

Bon vuot de mei a dhute le mame !

Gino Redi

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Una risposta a Cè disto?

  1. RdR scrive:

    sono s’accordo con Gino
    in questo momento abbiamo perso il senso del primo maggio

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